Il Mondo di Adriano

IL RE DEGLI IGNORANTI

Prefazione di Liliana Cavani

Non conosco abbastanza la canzone italiana.
L’ho spesso tradita per quella inglese e americana. (Beatles, Pink Floyd, Bob Dylan, Patti Smith, ecc.).
Mi portavano con la fantasia nei grandi sit-in, in mezzo a Woodstock. Ti facevano sentire cittadina del mondo e se il mondo era tuo dovevi un po’ occupartene. Via la violenza, via la guerra, via l’ipocrisia, via la polizia.
C’era uno in Italia che mi faceva ritrovare questi sentimenti. Era quello che cantava “Il ragazzo della via Gluck”. Uno che non apparteneva a nessun gruppo o scuola o moda. Si distingueva.
Era un originale che piacque subito ai ragazzi.
Si lasciava dietro le spalle la tradizione della canzonetta italiana e andava per conto suo. Il suo timbro di voce è un dono. Un’impronta sonora unica. Poteva cantare quello che voleva e aveva sempre dietro la folla.
Una specie di cantastorie incantatore col viso serio da ragazzo incavolato. Ma quando sorrideva diventava amico e fratello. Il più bel sorriso del mondo. Voce e sorriso gli sono rimasti intatti.
Anzi ancora più belli. Per questo poteva cantare e fare quello che voleva in Rockpolitik. Celentano è un artista della cultura popolare come i cantanti che ho citato sopra. I creatori di canzoni come loro sono i poeti popolari del mio tempo. Soltanto agli sciocchi possono apparire superficiali solo perché non sono ascrivibili alla categoria degli intellettuali. Neanche San Francesco, al quale ho dedicato due film, era un intellettuale ma un poeta popolare.
Le canzoni di Adriano fanno parte di quelle vene di pura vita che accompagna i momenti migliori delle persone comuni come me.
I momenti belli, nei quali si provano sentimenti di empatia verso le persone che hai intorno, che non conosci e non importa.
Adriano, “il re degli ignoranti” (ma cos’è Adriano, un francescano visto che anche Francesco aspirava a quel titolo?) è il non intellettuale che ha capito il nocciolo delle questioni, perché – come dice in una canzone – ha morso “il magnifico frutto della conoscenza”.
Forse sono derivati da quel frutto quei suoi lunghi meravigliosi momenti di silenzio in primo piano in Rockpolitik, in totale controtendenza a tutto il parlare del risaputo.
Chi parla in TV ha orrore dell’attimo di silenzio, forse perché non crede al verbo “pensare”.
Adriano invece nel Rockpolitik sprofondava via, ad ascoltare quello che gli diceva la sua voce di dentro. Poi riemergeva con la testa fuori dall’acqua sorridente illuminato. Aveva pescato le sue proprie parole per dire la sua idea a modo suo, non vanificata dal linguaggio della ”sputabugie” (come Adriano chiama la TV in una canzone).
Il silenzio fa orrore in TV. A Celentano no. Adriano mi ricorda anche il TAO “ci sei se sparisci”. Cosa da consigliare a tanti “esperti“ e “politici”. Celentano estrae energia nuova dal silenzio che osa fare, dal girare le spalle al pubblico. Però è un’arte, una vera arte da comunicatore, niente affatto facile. Devi averci una dose di empatia superiore altrimenti irriti, ti fischiano, ti prendono per un gigione.
Arte difficile quella di Celentano, come camminare su un precipizio senza badarci come sanno fare gli yogi e non cadono, sapete perché? Perché la fantasia è più reale dei precipizi.
Celentano lo sa e la sua regia del Rockpolitik era fondata a mio parere proprio sul principio che nulla è più solido della fantasia. Vale solo per gli show? Penso che valga anche per molti momenti della nostra vita. Celentano sa bene tutto questo. Sa anche che per dare vita-vita ad uno show ci vuole un’immensa energia interiore. Non puoi apparire in TV tutti i momenti, neanche spesso, neanche ogni qualche momento. Prima di parlare devi svuotare la mente, disinquinarla per ritrovare contatti perduti col ”…respiro delle pietre con le quali si è interrotto un dialogo antico…”. Prima di parlare devi tacere ”…per mutare le leggi ingiuste sarà solamente un bel silenzio…”. Del resto gli yogi passano molto tempo a pescare bellezza e saggezza dentro se stessi, non certo nei salotti e salette e teatrini della “sputabugie”.
Comunicare vita è difficilissimo. Fare passare un sentimento allo stato nativo attraverso la babele televisiva è stata la grande idea di Celentano. Una spericolatezza (che fa, non si decide a parlare. Ci prende in giro?) che ti puoi permettere se hai quel fisico lì, bello come un ragazzo che non sa di esserlo e con la grazia di un timido che sa di esserlo.

Solo il re degli ignoranti, solo lo yogi che cammina sul precipizio può cantare ai ragazzi «di fuori sembri croccante / come il pane fresco mentre dentro di te / c’è il vomito del tuo io putrido e puzzolente».

Volume 8
Edizione Speciale Corriere della Sera in collaborazione con Clan Celentano
Direzione Editoriale
Claudia Mori e Luisa Sacchi
Categoria
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