Il Mondo di Adriano

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  • Venezia, Eataly e i carnefici della bellezza.

    Povera Venezia! Ha nemici su tutti i fronti. Purtroppo dobbiamo riconoscerlo: le navi degli INCHINI sono davvero potenti. Non solo per le loro mostruose dimensioni in grado di scatenare tragedie come quella che ha causato il FUNEBRE inchino all’isola del Giglio, ma soprattutto per la lunga ed interminabile cortina di ferro alzata dal terribile silenzio della CENSURA. La quale inizia il suo tragico percorso cominciando dai giornali più prestigiosi fino ai vari Tg come quello su la 7 di Mentana e altri, per non parlare di coloro che si attorcigliano per ritrovare l’identità perduta o forse, mai avuta, tipo gli strani personaggi dell’attuale mondo politico.

    Insomma, un filo spinato lungo chilometri ma invisibile, e proprio per questo ancora più pericoloso, poiché il suo reticolato è direttamente e saldamente piantato non nella terra, ma nell’animo di chi vuole uccidere l’ARTE della cultura. Unica e ultima spiaggia per capire chi siamo e da dove veniamo. Senza di lei non ci sarebbe più neanche il mare. E forse per questo Dio ha voluto che tre quarti della Terra fosse coperta dall’acqua. “Uno spreco abnorme” avranno pensato i carnefici della bellezza. Tutta quell’acqua poteva essere tranquillamente EDIFICABILE. Pensate quanti grattacieli si potrebbero costruire sulla laguna di Venezia se non ci fosse l’acqua. E non è detto che non ci stiano pensando.

    Per ora dobbiamo accontentarci di quelli che galleggiano, alti 60 metri pari a un palazzo di 20 piani, in attesa che il governo darà l’ok per il prosciugamento delle acque. In quello precedente di governo, Clini e Passera avevano stabilito che le navi di passaggio, o meglio di “distruzione”, non dovevano superare le 40mila tonnellate. Probabilmente pensavano che Venezia va rovinata un po’ per volta altrimenti poi la gente si accorge chi sono i veri colpevoli. Per cui Clini e Passera, sono sì nemici della città, ma con 70mila tonnellate in meno. Di tutt’altro pensiero invece sono Brunetta e Alessandra Mussolini, che di Venezia vogliono essere nemici al 100%, perché dicono che “le navi danno lavoro a 100mila persone”, poi chi se ne frega se Venezia crolla e, come per l’Ilva, la gente poi si ammala di cancro.

    Ma la cosa che più di tutti mi ha colpito, leggendo alcuni giornali, è che i veri nemici di Venezia pare che siano proprio i veneziani. Ma com’è possibile? C’è qualcosa che non quadra. Io fin da piccolo, dopo la scuola e anche dopo, quando facevo l’orologiaio, son sempre andato in vacanza in una piccola pensione al Lido Venezia, e la cosa che più di tutti mi attirava di voi veneziani era proprio la vostra simpatia e il vostro modo giocoso e sorridente di affrontare la vita. Non posso credere quindi, che per amore di “qualche skei in più” vi si annebbi la vista e soprattutto la mente, a tal punto da non rendervi conto di quali bellezze siete circondati. Non esiste una città al mondo dove il BELLO è così straripante ovunque ti volti: in ogni angolo, in ogni centimetro quadrato di qualunque pietra e qualunque mattone come a Venezia. Forse voi non lo sapete, ma siete gli unici al mondo ad avere la fortuna di una dimora all’interno di un “quadro vivente”.

    Un quadro così antico che nei secoli ha ispirato uomini eccelsi come Tiziano, Tintoretto e, in particolare l’impareggiabile Canaletto specializzato nell’imprimere su tela la grande magia di Venezia. Guardi i suoi quadri e non ti stanchi mai di guardarli. Tutto il mondo li apprezza e li guarda. Ma voi no. Voi veneziani potete anche fare a meno di guardarli, perché siete VOI il quadro più bello. E in più avete una cosa che il grande Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto, purtroppo non aveva: il MOVIMENTO. Sì, i suoi quadri sono belli, sublimi, superlativi e di una maestria irraggiungibile, ma non si muovono. Mentre il vostro di quadro è in continuo movimento. Quel movimento sacro della vita che le grandi navi cercano in tutti i modi di paralizzare. È questa la fine che rischiate di fare se non vi ribellate all’invasione di quei MOSTRI del mare.

    Ma il nemico più feroce è il Tar del Veneto. Che in modo ottuso e spregiudicato ha dato torto ai tanti oppositori dello scempio Veneziano. Le gigantesche imbarcazioni non solo, secondo il MISERABILE Tar, devono continuare a sfilare davanti al Palazzo Ducale, ma a dispetto degli ambientalisti ha cancellato anche il decreto che vietava il passaggio sulla Laguna alle navi che superavano le 40mila tonnellate. Purtroppo il MISERABILE deve aver deciso che più le navi sono pesanti, e meglio è per Venezia e la grande sciagura stabilita da coloro che stanno tentando di assassinarla.

    Ma dietro la lista dei nemici dell’ARTE e della CULTURA si nasconde purtroppo una sottolista che è molto più pericolosa di quella apparente, con tanto di nome e di sfrontata visibilità in ogni talk show, come questo Oscar Farinetti, che appena può rincorre la luce dei riflettori per sprecarsi in parole ipocrite come: “cose semplici che vengono dalla campagna e di mangiare sano” poiché mangiare sano, ci dice il centro commerciale del suo cervello, “è alla base della cultura”. Ma la tua cultura, caro Farinetti, è solo una facciata per riempire le tue tasche. Se veramente ci tenessi alla cultura e conoscessi il significato di questa parola così importante, dico che era giusto rilevare lo Smeraldo, ma non per umiliarlo con due salsicce arrosolate sul cemento come hai fatto tu, ma per ristrutturarlo e valorizzare invece la sua immagine storica, che di riflesso se ne sarebbe avvantaggiata anche la tua di immagine, se non altro per mascherare i tuoi veri istinti, che di certo non appartengono a un pensiero culturale.

    E a questo proposito mi meraviglio di Sgarbi, del quale ho sempre apprezzato le sue battaglie contro la disinvolta distruzione dell’ARTE. Caro Victor si può anche essere amici di Farinetti, non dico di no, ma uno come te che ha un’idea da difendere, e la tua sembra davvero un’idea SANA, non può andare all’inaugurazione, anche se di un amico, per festeggiare la distruzione di uno dei maggiori TEATRI milanesi, divenuto ormai un impero, dove più di cinque generazioni si sono ritrovate per gioire e riflettere sulle tante storie che, proprio da quel palco, nelle varie forme artistiche e culturali ci venivano raccontate. Che sia stata una svista la tua?

    di Adriano Celentano

  • Lettera di Alda Merini ad Adriano Celentano

    Ho ascoltato l’ultimo disco di Celentano fino all’esaurimento nervoso. L’ho fatto anche per esorcizzare le mie paure. È come se avessi messo nel mio cervello la spina di una corrente che si era raffreddata. Per annientare lo sconcio dell’indifferenza. È la società dell’oggi e forse del domani. Ma ciò che mi sorprende è la grande forza di Celentano di ambientare il dolore nello scandalo della SUA indifferenza che diventa musica. È come se Adriano ballasse in un metro quadrato di spazio sulle piastrelle della sua paura. In questo caso è così duttile da poter essere rielaborato non solo dalla memoria ma dal dolore della memoria.
    Ogni corpo è una prigione. Ogni rinnovamento dell’ “altro” è uno schiaffo morale sul volto pulito dell’infanzia, sul volto del bambino poeta.
    Quando mi hanno “asportato” il solaio mandandomi addosso un polverone di macerie ho sentito che questo dolore non solo mi faceva ammalare ma mi levava lo spazio vitale dell’ispirazione. La memoria è il portento dell’uomo. L’uomo suda fatica per mantenere intatte le sue memorie. Le ama, le protegge come sue creature vive, e non vuole lasciarle morire strangolate nelle mani aride di un padrone di casa. O di un mistificatore del diritto sociale.
    Adriano è come una Venere maschio che salta fuori dai cocci di una terra che sta andando a rotoli, di una terra che si vuole vendicare. Canta e invoca la resurrezione dei corpi e della mente. Alle spalle il Coro, il Coro greco delle lamentatrici che canta questo eterno funerale delle idee e della libertà dell’uomo.
    L’uomo in principio ebbe paura del fuoco, ebbe paura della materia, persino della luce. Poi cercò di rendersi amici questi elementi che potevano farlo morire. Ecco: diciamo che una palafitta può salvarci dalle belve in agguato. E il mondo della canzone di Celentano è pieno di queste belve che lui guarda sorridendo e che ammansisce. È un San Francesco che avvicina il lupo e fa ridere anche il peggiore dei mostri. Questo è il grande potere dell’uomo. Anch’io in manicomio nei momenti di disperazione cominciavo a ridere e facevo ridere coloro che avevano paura. Mi sono salvata per questo. Comunque la religiosità di Adriano è una forma panteistica della primigenia lussuria della passionalità scabrosa dell’artista contro cui si scatenano i mediocri, i distruttori della felicità.
    Adriano rivaluta il bisogno dell’uomo di non avere altri padroni che il Creatore del mondo. Se noi veramente continuiamo a amare coloro che un giorno ci uccideranno è perché il culto della morte in noi si fa persona. Diventa l’ALTER EGO che baciamo perché la morte ha il riso dell’ascesi.
    Questo pamphlet non è altro che la rivalsa su tutti gli spregevoli conti in tasca dell’uomo che vuole arricchire e distruggere la cultura.
    Così morirà il mondo se non ci saranno i Poeti e questi giullari del canto che pregano Dio piegandosi in due per il dolore.
    Il ritmo di Adriano è il ritmo del sangue. Come dice la Tamaro: Adriano va dove lo porta il cuore e dove andiamo noi tutti per morire sereni. Forse in una fossa comune dove continueremo a cantare il nome della Pietà Divina.

    ALDA MERINI

  • La Vigliaccheria Dei Giornali

    È incredibile l’interessamento e l’apprensione di stampa e TG per la piccola frattura che mi sono causato al 5° dito del piede. E nessuno, dico NESSUNO, ha sprecato una parola per la battaglia che da 10 giorni porto avanti sul “Fatto Quotidiano” contro le micidiali navi GIGANTI di Venezia. Cosa devo pensare? Che il mio “mignolo” è molto più importante della catastrofe a cui sta andando incontro la città più bella del mondo? Ma allora perché l’Unesco l’ha dichiarata “Patrimonio dell’Umanità” e del mio “mignolo” ancora nessuna considerazione?

    Non dico tanto, due parole: ” Adriano, da giorni impegnato in una forte campagna di denuncia contro lo SCEMPIO di Venezia, ieri sera si è fratturato il dito mignolo del piede contro l’angolo di un divano”. Bastava che venisse riportato questo, e invece niente. Neanche di fronte alla morte del turista tedesco schiacciato da un vaporetto tre giorni fa. Però li capisco. Una citazione, per quanto piccola, sarebbe stata per gli altri giornali un danno enorme, perché li avrebbe costretti a menzionare il giornale concorrente che ha ospitato il mio sdegno contro i MOSTRI. E la regola dei quotidiani, che più CRETINA non può essere, dice che, pur trovandosi di fronte a una vicenda di importanza VITALE non se ne deve parlare, altrimenti si fa pubblicità al concorrente. Cosa importa se poi Venezia affonda. Ma io non mi fermerò, continuerò a parlarne anche dovessi rompermi le altre nove dita.

    Adriano Celentano

  • Messaggio al direttore di un giornale

    Ho inviato questo messaggio al direttore di un giornale :

    “Fino a quando ci saranno persone come te a guidare posti di comando come può essere quello di un giornale che per sua natura impone il NOBILE compito di informare e non di CENSURARE come fai tu, l’Italia non cambierà mai”

  • Celentano: “Il mio Pa’ Francesco non ha bisogno di vestire Armani”

    da La Repubblica del 15/06/2013

    CARO direttore, qualcuno si domanderà cosa ci sia dietro la frase pronunciata dal Papa quando, con riferimento a San Pietro, ha detto che “l’apostolo sul quale Gesù edificò la sua Chiesa non aveva un conto in banca?

    Un messaggio, quello di Pa’ Francesco, che non poteva essere più chiaro e che arriva come una sciabolata fra le mura di uno Ior alquanto “OPACIZZATO” dai misteri che lo circondano. Un fendente di nome “Pietro” che in tempi molto ravvicinati ha tutta l’aria di abbattersi sulla banca centrale del Vaticano e “OLTRE”. Un Papa, questo, che non finisce mai di sorprenderci. Difficile trovare chi non lo ami. Eppure, ce n’è più di uno, specialmente all’interno del Vaticano.
    Sono tutti quelli che non vogliono cambiare e che, a differenza di Francesco, che vorrebbe una Chiesa povera, invece la vogliono ricca perché col denaro è più facile comprare il “BUIO” dove nascondere i “peccati”, tipo i gravi abusi sui minori e il silenzio di chi sa e tace e il più delle volte insabbia.
    Ma lo scrittore e storico Vittorio Messori, del quale leggo sempre con interesse gli editoriali, in un dibattito a Porta a Porta ha detto che “il Vaticano, anche se piccolo, è pur sempre uno Stato con una realtà burocratizzata che distribuisce appalti, commesse, denaro e quindi non può farne a meno”. Sarà, ma fra i due mali bisognerà pur scegliere quello minore.
    Allora cos’è meglio? Avere una banca che attira gli scandali o il giusto indispensabile per il necessario nutrimento del Pontefice e i suoi vescovi con al massimo una diaria che gli consenta di poter predicare la “buona novella” nel mondo? È chiaro che fino a quando il Papa non sarà in grado di fare i miracoli, la via di mezzo forse è un compromesso. Un compromesso che si avvicinerà più ai colori della povertà che a quelli dello sperpero. E allora anche il ricatto a cui si sottopongono i funzionari e i prelati che hanno una doppia vita, come dice Messori, sarà meno sfuggente sotto i riflettori di un serio controllo.
    “Non è intenzione di Francesco” dice poi Messori a un giornalista
    “ma i suoi discorsi vengono dipinti con demagogia”. Consultando il vocabolario (ve lo dico perché penso che in Italia ce ne sono molti che, come me, non conoscono il significato di questa parola), Demagogia è un termine greco che indica un comportamento politico mirante ad ottenere il consenso popolare attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo.
    A quanto pare Messori attribuisce al Papa un comportamento demagogo che, a mio parere, invece, confonde con la passione SFRENATA che lo strepitoso Francesco ci mette nel servire coLui che ha creato tutte le cose con la PROMESSA di una vita GIOIOSA che mai finirà. Ma Messori non demorde e va giù duro: “La Chiesa povera? una cavolata, Gesù aveva una disponibilità economica, persino un tesoriere che poi l’ha tradito, Giuda Iscariota, tant’è vero che le guardie ai piedi della croce si giocarono ai dadi la preziosa stoffa che Lui indossava”. E conclude con una frase davvero imprevedibile: “Gesù vestiva Armani”. Fantastico!
    Non posso non ammettere la genialità di questa provocazione. Naturalmente solo per il gusto della battuta in sé e non per quello che la battuta esprime, che a mio parere è veramente una Cazzata.
    La disponibilità economica nelle mani del “Giuda tesoriere” la si può paragonare a una delle tante famiglie dei giorni nostri che faticano a tirare la fine del mese. Tant’è vero che Giuda, nel corso di una cena, ipocritamente si risente e inveisce contro la peccatrice accusandola di sprecare il prezioso unguento che con tanto amore sparge sui piedi di Gesù: “Si sarebbe potuto vendere per dare il ricavato ai poveri”. Ma il figlio di Dio prende subito le difese della donna: “Lasciatela fare. I poveri li avrete sempre con voi, ma non sempre avrete me”.
    Dunque, tutta questa disponibilità economica che Giuda avrebbe avuto non doveva essere così florida se se la prendeva tanto per lo spreco della peccatrice. E dai Vangeli non risulta che Gesù abbia qualche volta detto al traditore: “Dai questa somma al tal povero, tanto a noi i soldi non mancano”. E noi sappiamo quanto Gesù tenesse ai poveri, a differenza dello Ior. E se il fatto di non portare i mocassini rossi come Ratzinger significa fare della demagogia, allora anche Ratzinger è un demagogo perché non porta gli scarponi.
    La verità è che ognuno di noi non desidera altro che andare d’accordo col proprio modo di vestirsi. Sia che riguardi un Papa, un parrucchiere o un bagnino. Non mi meraviglierei se il padrone di una zona balneare sgridasse il suo bagnino perché durante un salvataggio si è tuffato senza giacca e cravatta: “Bisogna essere eleganti anche sott’acqua”. E Gesù non aveva certo bisogno di quel panno per essere elegante. Qualcuno, magari un benestante, glielo avrà regalato e Lui di buon grado lo avrà accettato, pur sapendo che era egli stesso l’unica vera eleganza!

    Adriano Celentano

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