Il Mondo di Adriano

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Aprile 2013
  • Big Bang

    Finalmente si è capita la vera identità di quel Big Bang di cui parlano gli scienziati, secondo cui tutto sarebbe nato da un “caso” e non dal TOCCO Potente della mano di Dio. Ebbene quel Big Bang è scoppiato oggi alle 12 e qualche minuto con quella che è stata la prima conferenza stampa di un Grillo straordinario. Parole esplosive quelle di Grillo che spazzeranno via di netto la complessità di una politica dove si annida il SOSPETTO. Un vero e proprio terremoto che libera l’ARIA dalle incomprensioni “politichesi” create apposta per non farci capire. Un vento nuovo che porta con sé il seme di un cambiamento basato sulla semplicità di una politica “trasparente” e “accessibile” a tutti. Ma soprattutto ai “poveri di spirito”.

    Adriano

  • Rodotà il NUOVO Capo dello Stato che tutti aspettiamo

    Memorabile la battuta di Stefano Rodotà che ha riportato il “Fatto Quotidiano” di oggi in seguito a un’aspra polemica avvenuta nel 1992 con l’allora Presidente della Repubblica Cossiga, il quale rivolse una sequela di insulti all’intellettuale Stefano. Quest’ultimo gli rispose con un’unica battuta: “propongo a Cossiga un accordo: lui smette di dire falsità sul mio conto, e io smetto di dire verità sul suo”. Un KO da cui non solo è difficile rialzarsi ma in esso vi sono contenute le caratteristiche di un VERO Capo di Stato. Per cui non può essere che lui il NUOVO Capo dello Stato che tutti aspettiamo. Con Gino Strada Ministro della Sanità e Gustavo Zagrebelsky Ministro della Giustizia. La Gabanelli è troppo brava per abbandonare le battaglie che solo lei è in grado di fare.

    Adriano

  • CIAO, ENZO!

    Era il 1956 quando nelle balere della vecchia Milano si aggirava uno strano tipo, morto di sonno a causa di un secondo lavoro, intrapreso quasi a sua insaputa, che gli permetteva di dormire non più di tre o quattro ore per notte. Un lavoro mai remunerato se non con un semplice panino e una birra: di notte si dimenava nei locali notturni mentre di giorno, quasi russando, aggiustava gli orologi.
    L’appuntamento era in via Anfossi, a Milano, nei paraggi di Porta Vittoria. Una sala prove dove Enzo Jannacci, Giorgio Gaber ed io ci incontravamo per confrontarci sul grande repertorio di Bill Haley. Con noi c’erano i fratelli Ratti, chitarra, basso, batteria, e Pino Sacchetti al sax. Eravamo il primo gruppo rock italiano, per non dire europeo dato che non ce n’erano in Francia, in Germania, Belgio, Olanda, Spagna, ma solo in Inghilterra cominciavano a nascere dei gruppi musicali, fra i quali quello di Cliff Richard, da tanti considerato come un probabile antagonista di Elvis Presley, e quello di un certo Tommy Steele.
    Ma noi eravamo noi. Convinti che il rock non fosse soltanto fare musica ma soprattutto essere rock dentro, ribelli nell’anima. Non si può immaginare a quali livelli di divertimento e scatenamento ci portava il suonare quei brani così rumorosamente allegri. Era tale la spaccatura fra i Rock boys (così ci chiamavamo) e la vecchia guardia di Claudio Villa, Luciano Tajoli, Nilla Pizzi e altri, che ci eravamo soprannominati “la TEMPESTA” e, la “grandinata” più dirompente era proprio Enzo Jannacci. Ricordo che ad ogni inizio di un brano partivamo quasi da fermi, come statue, ma nel “solo d’orchestra” succedeva di tutto. Più di una volta, rapiti dal ritmo, mi trovavo sdraiato per terra con la chitarra sotto le gambe di Enzo Jannacci che ad un determinato stop abbandonava il piano e, abbracciando la sua di chitarra, era in piedi sopra di me, mentre Gaber e Ratti, presi anch’essi dal delirio, si inginocchiavano affiancandoci. Ma a Enzo non bastava: come un folletto impazzito ritornava al pianoforte e si esibiva in uno dei suoi strepitosi assoli, spesso più jazz che rock. “Lo sai – mi disse un giorno – quando ho spiegato ai miei colleghi che anche il rock mi piace, si sono scandalizzati”. Nei primi tempi infatti era quasi una moda il voler prendere le distanze da questa nuova ondata musicale da parte di alcuni jazzisti, ma Enzo no. Lui era veramente una forza della natura. Sia che suonasse jazz o “Rosamunda” ci metteva lo stesso entusiasmo. Perché lui era davvero amante della vita in tutte le sue manifestazioni, nonostante facesse fatica a credere che questa di vita, un giorno potesse continuare.
    Già mi sembra di vederlo, seduto su uno dei tanti rami di quella vita che non può finire. Bello, giovane come non lo è mai stato, e farsi due risate, mentre qui da basso noi lo piangiamo come se non dovessimo più incontrarlo.

    Tuo amico
    Adriano

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