Il Mondo di Adriano

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  • Franca Rame

    È la donna che più di tutte mi ha colpito per la sua bellezza, oltre che per la sua inarrivabile bravura come attrice e per l’impegno sociale al quale, assieme a Dario, ha dedicato una vita intera. Ma adesso lei se ne è andata, lasciando solo il suo Dario: che a differenza di tanti “credenti”, sono rimasti fedeli alla rituale frase pronunciata dal prete quando due si sposano: “promettete di rimanere uniti fino a quando morte non vi separi”. Ho sempre trovato profondamente inappropriata la parola morte pronunciata nel giorno in cui si celebra il momento più felice della vita. Infonde un che di tristezza proprio nell’attimo in cui due persone, colme di gioia, si giurano AMORE ETERNO. “Promettete di rimanere uniti – avrei detto io – fino al giorno in cui tutte le cose si rifaranno NUOVE e per SEMPRE”. Ed è proprio così, caro Dario! Anche se tu non hai mai voluto credere, per tua fortuna le cose stanno diversamente da come hai sempre pensato. Immagino quale tipo di spettacolo ora starà facendo Franca ai piedi di Gesù (quel Gesù che con tanto AMORE hai rappresentato nel “Mistero buffo”) e cosa mai si starà inventando per convincere il Figlio di Dio a darle un piccolo permesso, di scendere fra di noi un’ultima volta, giusto il tempo di venirti a dire che avevate sbagliato tutto e quindi di non sentirti solo e di essere ALLEGRO “perché è da questi luoghi – ti direbbe – che comincia la VITA VERA”. Luoghi, come disse San Paolo quando per un breve periodo fu rapito in Cielo con tutto il corpo: “nessuna penna potrà mai descrivere la bellezza di ciò che i miei occhi hanno visto”!

    Tuo amico Adriano

  • Caro Tony….

    Caro Tony,

    Siamo stati i primi a onorare il Rock in Italia. E io invidiavo tuo fratello Enrico per la sua abilità nel suonare la chitarra e soprattutto per il Sound che ha sempre avuto nei suoi assoli, nulla da invidiare agli americani. Ma nei meravigliosi LIDI, dove ora stai scorrazzando, avrai tutto il tempo, la GIOVINEZZA, che mai tramonta, e soprattutto la bellezza (di cui già qui sulla terra non scherzavi) per affinarti in un Rock superiore che fra le “tribolazioni terrene” non è dato ad alcuno di conoscere e che da LASSU’ invece, è tutta un’altra STORIA!!! Una storia che non si può raccontare perché, se dovessimo, anche solo per un attimo, vederne lo splendore, il nostro cuore, per quanto “matto”, non reggerebbe all’impatto di tale bellezza e ne moriremmo di GIOIA! Quella Gioia che si può conoscere solo dove ora vivi tu!

    Ciao Amico!

    Adriano

  • Un saluto a Don Gallo

    Rimanevo incantato ogni volta che apparivi in televisione. Ti guardavo come si guarda una Star all’apice del suo momento migliore. E il tuo, di momento, così stravagante e giusto non tramontava mai, anche quando talvolta, sotto i colpi di qualche insulto da parte di coloro che non “SANNO”, il concetto sembrava sfuggirti, ma tu subito lo riacchiappavi, se non con le parole, con la forza delle tue espressioni che io guardavo con la “lente di ingrandimento”. Poi ci siamo conosciuti a Genova e prima di salire sul palco tu mi hai abbracciato così forte, nonostante l’età, che mi sono commosso. E poi, quando sul palco io non volevo cantare, tu fosti così risoluto: “Ma dai, almeno una frase”, mi dicesti stringendomi forte il braccio, e io non potei fare a meno di obbedirti. Mi mancherai AMICO! E soprattutto il tuo istinto di essere sempre dalla parte degli ultimi.

    (da il Fatto Quotidiano del 23/05/2013)

  • La velocità degli sciacalli

    Non esiste “disagio” per chi spara contro persone innocenti.
    Ed è assurdo dire che Grillo possa generare violenza

    Il disagio sociale non giustifica le pallottole esplose contro i due servitori dello Stato. Ed è meschino e IPOCRITA da parte di certa Stampa speculare su una tragedia, per farne un’arma contro l’avversario politico. L’uomo che ha sparato non è un folle, ma solo un esibizionista che voleva risolvere il suo disagio sociale con la violenza, prodotto soprattutto dal vizio del gioco d’azzardo, anziché rimboccarsi le maniche e ricominciare da capo.
    Anche questo è un LAVORO. Ed è il più NOBILE dei lavori. Ma lui, il giocatore di biliardo, “bravo con la stecca” dicono, voleva essere bravo anche con la pistola. E così quattro anni fa ne ha comprata una per allenarsi. “Non si può mai sapere, c’è sempre qualcuno da uccidere”. E l’ora più adatta per il grande debutto verso il baratro non poteva che essere nel giorno in cui si sarebbe dovuto festeggiare la nascita del nuovo governo. Quale momento migliore per passare alla storia in questa di vita in cui prima o poi, anche senza pallottole, dobbiamo morire tutti. E quanto ci costa questo atto “eroico” il cui potere di annientare vive solo il tempo di premere un grilletto?
    È incredibile come l’uomo riesca a bruciare la propria vita in un tempo così fulmineo. Come è altrettanto incredibile la velocità di certi SCIACALLI nel gettare fango verso chi ha generato invidia per aver fatto una campagna elettorale senza soldi, in nome di un programma altamente democratico come quello del M5S, e che al contrario di chi li accusa, ha invece generato la speranza in un mondo tutt’altro che ostile e soprattutto: CONTRO ogni genere di violenza.
    Bisogna essere cretini, ma cretini non lo sono, per non capire che i toni eccessivi di Grillo, che non sempre condivido, non possono e mai potranno generare violenza. Per il semplice fatto che quei toni sono parte integrante della sua sfera comica e suonano più che altro come un modo per spezzare la tensione nei suoi comizi. Per quanto mi riguarda e per come sono stato educato non c’è “disagio” che tenga per chi spara contro persone innocenti come al bravo carabiniere Giuseppe Giangrande, la cui unica colpa era quella di difendere la sacralità della VITA.
    Di cui NESSUNO (a meno che non sia già morto) può essere escluso. Sia che si tratti di operai, politici, preti o imprenditori, poiché la vita è sacra, ed è sacra anche quella degli assassini. E i nostri carabinieri lo hanno dimostrato in modo eclatante, quando si sono trovati faccia a faccia con il maldestro giocatore di proiettili. Potevano ucciderlo e non l’hanno fatto. Perché il loro lavoro è uno solo: difendere la vita. Di chiunque sia. E, se devo dirla tutta, non ho rispetto neanche per coloro che in nome di un disagio sociale, se la tolgono la vita. È pura presunzione sopprimere un qualcosa di cui tu non sei il “Padrone”.
    Togliersi la vita vuol dire non avere il coraggio di combattere, non avere il coraggio di chiedere scusa se hai sbagliato, non avere il coraggio di pagare il tuo debito anche con la prigione, se hai sbagliato al punto di meritartela. Infine non avere il coraggio di ricominciare da capo e rifarti una vita per dimostrare a te stesso che non sei più quello di prima, ma sei un altro. Capace di vivere secondo le regole e i principi di una convivenza civile. Togliersi la vita vuol dire fregarsene di chi ti vive accanto, madri, moglie e figli. Mi fanno incazzare i “MORTI” che lasciano un biglietto alla famiglia: “Perdonatemi ma non ce la facevo più a stare senza un lavoro”. In quel momento vorrei tanto parlare col morto e dirgli: “Ma tu per chi lavoravi quando non eri disoccupato? Lavoravi per il bene della tua famiglia e per lo scambio reciproco d’Amore fra te, tua moglie e i tuoi figli o lavoravi solo per te stesso? Perché se lavoravi per l’affetto che i tuoi nutrivano per te, uccidendoti è come se avessi ucciso anche loro senza una ragione. Proprio come ha fatto il giocatore di biliardo. E allora cosa devo pensare? Che a te non te n’è mai fregato niente della tua famiglia. Hai solo pensato a te stesso dando sfogo al tuo sfrenato egoismo”.
    Questo vorrei dire e tante altre cose vorrei dire a coloro che anche solo per un attimo sfiorano l’oscuro pensiero di suicidarsi, o peggio ancora di suicidare gli altri. L’altro ieri quando in televisione è apparsa la cara Martina e parlava del suo carabiniere preferito e di quanto è fiera di esserne la figlia, non sono riuscito a trattenere le lacrime. Le sue parole così struggenti su quel viso giovane e bello, devo dire, mi hanno fatto riflettere su tante cose. Mi domandavo se quelli che sparano e uccidono si siano mai commossi per qualche cosa.
    Probabilmente no. Pregherò per il padre di Martina, che non rimanga paralizzato e guarisca presto. Una preghiera che sarebbe bello fare in tanti! Chissà, magari il miracolo è già avvenuto e noi non lo sappiamo?

    Adriano Celentano

    (da Corriere della Sera del 01/05/2013)

    (vedi l’articolo)

  • Big Bang

    Finalmente si è capita la vera identità di quel Big Bang di cui parlano gli scienziati, secondo cui tutto sarebbe nato da un “caso” e non dal TOCCO Potente della mano di Dio. Ebbene quel Big Bang è scoppiato oggi alle 12 e qualche minuto con quella che è stata la prima conferenza stampa di un Grillo straordinario. Parole esplosive quelle di Grillo che spazzeranno via di netto la complessità di una politica dove si annida il SOSPETTO. Un vero e proprio terremoto che libera l’ARIA dalle incomprensioni “politichesi” create apposta per non farci capire. Un vento nuovo che porta con sé il seme di un cambiamento basato sulla semplicità di una politica “trasparente” e “accessibile” a tutti. Ma soprattutto ai “poveri di spirito”.

    Adriano

  • Rodotà il NUOVO Capo dello Stato che tutti aspettiamo

    Memorabile la battuta di Stefano Rodotà che ha riportato il “Fatto Quotidiano” di oggi in seguito a un’aspra polemica avvenuta nel 1992 con l’allora Presidente della Repubblica Cossiga, il quale rivolse una sequela di insulti all’intellettuale Stefano. Quest’ultimo gli rispose con un’unica battuta: “propongo a Cossiga un accordo: lui smette di dire falsità sul mio conto, e io smetto di dire verità sul suo”. Un KO da cui non solo è difficile rialzarsi ma in esso vi sono contenute le caratteristiche di un VERO Capo di Stato. Per cui non può essere che lui il NUOVO Capo dello Stato che tutti aspettiamo. Con Gino Strada Ministro della Sanità e Gustavo Zagrebelsky Ministro della Giustizia. La Gabanelli è troppo brava per abbandonare le battaglie che solo lei è in grado di fare.

    Adriano

  • CIAO, ENZO!

    Era il 1956 quando nelle balere della vecchia Milano si aggirava uno strano tipo, morto di sonno a causa di un secondo lavoro, intrapreso quasi a sua insaputa, che gli permetteva di dormire non più di tre o quattro ore per notte. Un lavoro mai remunerato se non con un semplice panino e una birra: di notte si dimenava nei locali notturni mentre di giorno, quasi russando, aggiustava gli orologi.
    L’appuntamento era in via Anfossi, a Milano, nei paraggi di Porta Vittoria. Una sala prove dove Enzo Jannacci, Giorgio Gaber ed io ci incontravamo per confrontarci sul grande repertorio di Bill Haley. Con noi c’erano i fratelli Ratti, chitarra, basso, batteria, e Pino Sacchetti al sax. Eravamo il primo gruppo rock italiano, per non dire europeo dato che non ce n’erano in Francia, in Germania, Belgio, Olanda, Spagna, ma solo in Inghilterra cominciavano a nascere dei gruppi musicali, fra i quali quello di Cliff Richard, da tanti considerato come un probabile antagonista di Elvis Presley, e quello di un certo Tommy Steele.
    Ma noi eravamo noi. Convinti che il rock non fosse soltanto fare musica ma soprattutto essere rock dentro, ribelli nell’anima. Non si può immaginare a quali livelli di divertimento e scatenamento ci portava il suonare quei brani così rumorosamente allegri. Era tale la spaccatura fra i Rock boys (così ci chiamavamo) e la vecchia guardia di Claudio Villa, Luciano Tajoli, Nilla Pizzi e altri, che ci eravamo soprannominati “la TEMPESTA” e, la “grandinata” più dirompente era proprio Enzo Jannacci. Ricordo che ad ogni inizio di un brano partivamo quasi da fermi, come statue, ma nel “solo d’orchestra” succedeva di tutto. Più di una volta, rapiti dal ritmo, mi trovavo sdraiato per terra con la chitarra sotto le gambe di Enzo Jannacci che ad un determinato stop abbandonava il piano e, abbracciando la sua di chitarra, era in piedi sopra di me, mentre Gaber e Ratti, presi anch’essi dal delirio, si inginocchiavano affiancandoci. Ma a Enzo non bastava: come un folletto impazzito ritornava al pianoforte e si esibiva in uno dei suoi strepitosi assoli, spesso più jazz che rock. “Lo sai – mi disse un giorno – quando ho spiegato ai miei colleghi che anche il rock mi piace, si sono scandalizzati”. Nei primi tempi infatti era quasi una moda il voler prendere le distanze da questa nuova ondata musicale da parte di alcuni jazzisti, ma Enzo no. Lui era veramente una forza della natura. Sia che suonasse jazz o “Rosamunda” ci metteva lo stesso entusiasmo. Perché lui era davvero amante della vita in tutte le sue manifestazioni, nonostante facesse fatica a credere che questa di vita, un giorno potesse continuare.
    Già mi sembra di vederlo, seduto su uno dei tanti rami di quella vita che non può finire. Bello, giovane come non lo è mai stato, e farsi due risate, mentre qui da basso noi lo piangiamo come se non dovessimo più incontrarlo.

    Tuo amico
    Adriano

  • Adriano Celentano risponde a Flores d’Arcais in merito all’articolo su Repubblica del 29 marzo 2013

    Caro Flores, grazie innanzitutto per lo “stimato”. Lei scrive cose assai più importanti di quelle che ogni tanto mi permettono di scrivere, e io apprezzo e la leggo sempre con piacere. Per cui sono onorato che lei mi abbia risposto. Ma vede, il punto non è l’appello in sé che è senz’altro giusto. Ma è l’intempestività che io contesto. Il tempo in cui si chiede l’appello. Mi domando come fa a non capire lei e tutti quei nomi illustri che la condividono, che la TREGUA, anche se per battaglie nobili come la sua, non solo è necessaria per prendere fiato e riflettere, ma soprattutto per non destare SOSPETTI. Sospetti che non possono certo investire le sue duecentoquarantamila persone che hanno firmato l’appello. Non è di loro che dobbiamo preoccuparci. Ma di quei 10 milioni di persone che hanno votato Berlusconi. Se io, che mi reputo il PRINCIPE dei GRILLINI, avverto nel suo appello una puerile manovra elettorale, mi domando cosa mai potrà pensare la stragrande marea di persone che come un’onda gigantesca ha riversato il suo voto nelle tasche di: “meno male che Silvio c’è”?

    La verità è che lei ha sbagliato obbiettivo. Se davvero vuole che questa legge sia applicata, lei dovrebbe concordarla col diretto interessato: Berlusconi. È della sua firma che abbiamo bisogno. Dovrebbe andare da lui e dire: “caro Berlusconi, non c’è dubbio che i partiti, chi più chi meno, hanno tutti uno scheletro nell’armadio. Ed è probabile che anche lei ne abbia qualcuno. Cosa ne pensa se di tutte le OSSA che ci sono in giro ne facessimo un grande FALO’ in modo da ripartire da zero, con gli armadi completamente vuoti e rispettare finalmente quelle leggi che d’ora in avanti anche lei dovrà attenersi scrupolosamente, pena la sospensione a vita da qualunque carica pubblica, salvo poi vedersela con la giustizia?”

    E questo non vale solo per l’ineleggibilità di Berlusconi, poiché tutta la politica è INELEGGIBILE. Ma per tutte le cose che riguardano quell’onestà intellettuale di cui si è perso il filo e che la si può recuperare solamente azzerando il passato, che significa sì perdonare, ma anche mettere in guardia coloro la cui logica è sempre stata quella di barattare i principi cardine della convivenza civile con gli interessi personali e dire: “ATTENZIONE! D’ora in poi non si scherza più. Chi sbaglia paga”. Ma lei insiste e nelle ultime righe della sua lettera mi attribuisce un pensiero che non può essere il mio, quando dice:

    “Lei invece ritiene che in nome di quell’Amore universale di cui parla il Papa tale principio non si debba applicare a chi ottenga 10 milioni di voti. Insomma, è la forza che fa il diritto. Prosit.

    Cordialmente
    Paolo Flores d?Arcais

    Lei è troppo intelligente per non aver capito cosa intendo dire e per questo continuerò a leggere i suoi articoli. Effettivamente quel “gli” era di troppo. Non dimentichi che io sono il Re degli ignoranti…

    Anche a lei un cordiale saluto
    Adriano Celentano

  • Caro Adriano, sbagli

    di Paolo Flores d’Arcais, da La Repubblica, 29 marzo 2013

    Stimato Adriano Celentano, nella lettera di ieri a “Repubblica”, lei giudica il mio appello per l’ineleggibilità di Berlusconi una STRONZATA (tutto in maiuscole). Citando solo me, lei vuole evidentemente adularmi, poiché ho avuto l?onore di condividere quell’appello con Vittorio Cimiotta, Andrea Camilleri, Dario Fo, Margherita Hack, Franca Rame e Barbara Spinelli. E con 243.848 cittadini che lo hanno firmato on line sul sito www.micromega. net. Lei aggiunge che quell’appello è una cazzata (questa volta in minuscole) non soltanto fuori luogo ma decisamente “fuori TEMPO musicale”. Infatti aggiunge: “Se Berlusconi, che tutti davano per finito, compreso me, non avesse preso quei 10 milioni di voti e fosse crollato, mi domando se a Flores d’Arcais gli sarebbe venuta lo stesso la fulminante idea da “meschina campagna elettorale?”.
    A parte quel “gli” di troppo (nel suo linguaggio dovrei definirlo una “cazzata? grammaticale”. Preferisco considerarlo una svista da hybris polemica), è evidente che lei l’appello non lo ha letto, visto che alla terza riga si ricorda come il primo ricorso sull’ineleggibilità di Berlusconi sia stato presentato nel 1994 (quando l’alleanza berlusconiana ottenne quasi il doppio dei voti di oggi), e reiterato nel 1996 (quando fu sconfitta dall’Ulivo). Allora ero l’ultima ruota del carro, firmai infatti in compagnia di Antonio Giolitti, Alessandro Galante Garrone, Paolo Sylos Labini, Vito Laterza, Aldo Visalberghi, tutti notori frequentatori di quello che lei aulicamente definisce il “viale delle STRONZATE”.

    Ho sostenuto l’ineleggibilità di Berlusconi quando era in maggioranza e quando era in minoranza, quando era forte e quando sembrava debole, lungo tutti questi anni bui di regime e di inciucio. E mi sarei comportato nello stesso modo, ovviamente, anche se Berlusconi fosse stato rieletto per il rotto della cuffia e con un pugno di voti. Lei ritiene invece che “con un Berlusconi finito sarebbe stato giusto, poiché si invocava una legge che da quel momento in poi era per tutti e non solo per sbarazzarsi del vincitore. Ma adesso no d?Arcais. Adesso è solo una scorrettezza elettorale”. Io invece non credo che sia moralmente e politicamente accettabile che l’applicazione di una legge venga invocata a tassametro, secondo l’opportunità politica e i rapporti di forza (e trascuro il fatto che chiedere l’ineleggibilità solo se un politico è “finito” suona un po’ alla Maramaldo, cosa che certo non era nelle sue intenzioni).

    La legge 361 del 1957 andava applicata nel 1994, e nel 1996 e ad ogni inizio di legislatura, e se è stata aggirata più volte dall’inciucio di Berlusconi e D’Alema, con interpretazioni che avrebbero stupito perfino Azzeccagarbugli, non è una buona ragione per calpestarla una volta di più. Sono stato perciò felice, come cittadino democratico, di constatare come il M5S abbia deciso di chiedere alla prossima “Giunta delle elezioni” del Senato che la legge sia finalmente applicata e Berlusconi dichiarato ineleggibile, e che la stessa cosa abbia dichiarato il senatore Luigi Zanda, successivamente eletto capogruppo del Pd. Forse è la volta buona perché la legge sia “eguale per tutti”. Lei invece ritiene che in nome di “quell’Amore universale di cui parla il Papa” tale principio non si debba applicare a chi ottenga 10 milioni di voti. Insomma, è la forza che fa il diritto. Prosit.

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